Capsulite adesiva, sinergia tra fisiatra e fisioterapista
La capsulite adesiva (frozen shoulder) è una patologia ad eziopatogenesi non ancora ben definita e controversa che colpisce circa il 2-5% della popolazione mondiale (1). È comunemente divisa in tre fasi:
- Freezing: questa fase è caratterizzata dall’insorgenza atraumatica di dolore intenso e costante senza limitazione articolare (alta irritabilità).
- Frozen: in questa fase il dolore è accompagnato da una graduale e progressiva perdita del movimento (media irritabilità).
- Thawing: il ROM è fortemente limitato ma il dolore diminuisce a riposo e si presenta esclusivamente in prossimità della rigidità articolare (bassa irritabilità).
Il trattamento riabilitativo varia in base allo stadio della patologia. In questo breve articolo vi parliamo dell’utilità dell’équipe riabilitativa (fisiatra-fisioterapista) nella presa in carico, nella gestione e nella risoluzione della capsulite.
Nel panorama fisioterapico, diverse sono le strade adottate nella risoluzione di questa patologia, ma spesso quest’ultime non portano allo stesso risultato. L’utilizzo frequente nella pratica clinica fisioterapica di alcune terapie strumentali si scontra con la mancanza o carenza di evidenze scientifiche a vantaggio di esse (2). La terapia manuale e l’esercizio terapeutico invece rappresentano due strade consigliabili e soprattutto fortemente validate dalla comunità scientifica (3) (4).
Nella nostra – mia e del dott. Amico (di cui potete leggere un articolo QUI) pratica clinica, incoraggianti risultati stanno emergendo dal trattamento infiltrativo ecoguidato effettuato dal medico fisiatra in congiunzione all’immediata mobilizzazione della spalla affetta effettuata dal fisioterapista.
Capsulite Adesiva: quali benefici?
Nelle capsuliti in fase 2, ma ancor di più in quelle in fase 3, è spesso necessario lavorare nel ROM dove la spalla appare più rigida. Questo comporta inevitabilmente un dolore al paziente. La mobilizzazione effettuata immediatamente dopo il trattamento con blocco del nervo ascellare e soprascapolare, unito all’idrodistensione capsulare (5), permette di mobilizzare la spalla più facilmente in quanto il paziente ha un’immediata e notevole riduzione del dolore. È possibile percepire la “rottura” delle aderenze senza provocare dolori particolarmente intensi al paziente evitando le controindicazioni di una mobilizzazione sotto anestesia completa (MUA) (6).
Dal giorno successivo allo sblocco effettuato insieme al medico fisiatra risulta di fondamentale importanza il trattamento riabilitativo. Esso, come accennato, si concentra sulle mobilizzazioni gleno-omerali volte al mantenimento del risultato ottenuto e alla risoluzione completa della sintomatologia e della rigidità. Nella nostra pratica clinica risultati positivi sono arrivati praticando tre sedute di terapia manuale settimanali, della durata di circa 45 minuti ciascuna. Durante la prima parte di ogni seduta, il fisioterapista mobilizza la spalla sui 3 piani fisiologici articolari con mobilizzazioni ad ampio range di movimento. Le mobilizzazioni ad alto grado (III-IV) sono da preferire a quelle a basso grado (I-II) in quanto, oltre ad un maggior incremento del ROM (4), ci permettono di monitorare ed apprezzare il differente “end-feel” pre e post “sblocco”. Nella seconda parte del trattamento, il paziente effettua un programma di rinforzo con carichi progressivi. Il rinforzo e la somministrazione del carico secondo principi progressivi ben definiti, hanno riscontro anche in letteratura (7) apportando migliori benefici rispetto al trattamento manuale. Il paziente viene poi istruito sugli esercizi attivi e di stretching da eseguire quotidianamente al suo domicilio nei restanti giorni in cui non effettua le sedute.
Considerazioni del medico
La possibilità di ridurre i tempi di sofferenza del paziente utilizzando la procedura sopra-citata rappresenta un beneficio non indifferente. Dolore e limitazione articolare sono i due parametri principali su cui focalizziamo il nostro intervento nella gestione di una patologia multifattoriale come la capsulite adesiva. La riduzione nell’immediato di questi due fattori e la riduzione globale del tempo di risoluzione della patologia ci porta a sposare questa tecnica nella pratica clinica.
Nella mia esperienza, risulta fondamentale la collaborazione tra la figura del fisiatra e quella del fisioterapista. Quando la diagnosi medica, il trattamento riabilitativo, il monitoraggio clinico e quello funzionale si intrecciano ed incontrano costantemente nel percorso riabilitativo, il risultato non può che essere superiore rispetto alla gestione individuale di una patologia che, in quanto multifattoriale per natura, necessita di diversi professionisti sanitari con un obbiettivo comune.
Riferimenti
1. Chul-Hyun Cho, et al. Biological Aspect of Pathophysiology for Frozen Shoulder. BioMed research International. 2018.
2. Jewell DV, et al. Interventions associated with an increased or decreased likelihood of pain reduction and improved function in patients with adhesive capsulitis: a retrospective cohort study. Physical Therapy. 2009.
3. Çelik D, Kaya Mutlu E. Does adding mobilization to stretching improve outcomes for people with frozen shoulder? A randomized controlled clinical trial. Clinical Rehabilitation. 2016.
4. Vermeulen HM, et al.. Comparison of high-grade and low-grade mobilization techniques in the management of adhesive capsulitis of the shoulder: randomized controlled trial. Physical Therapy. 2006.
5. Buchbinder R, et al. Arthrographic distension for adhesive capsulitis (frozen shoulder). Cochrane database of Systematic reviews. 2008.
6. Loew M, et al. Intraarticular lesions in primary frozen shoulder after manipulation under general anesthesia. Journal of Shoulder and Elbow Surgery. 2005.
7. Rawat et al. Effect of rotator cuff strengthening as an adjunct to standard care in subjects with adhesive capsulitis: A randomized controlled trial. Journal of Hand Therapy. 2017.