Dry needling
- Storia
- Perché si esegue
- Indicazioni
- Come si esegue
- Come funziona il Dry Needling?
- Rischi e complicanze
- Chi può praticare il Dry Needling in Italia?
- Quanto può durare una seduta?
Il “dry needling” o “aghettamento a secco” è una tecnica terapeutica mini-invasiva che prevede l’inserimento, attraverso la cute, di aghi sterili, monouso, sottili, senza l’inoculazione di alcuna sostanza.
Il dry needling è indicato principalmente nel trattamento della Sindrome Miofasciale, causa di più frequente riscontro di dolore muscolo-scheletrico acuto e cronico, e nelle alterazioni a questa associate.
Storia
La tecnica del Dry Needling fonda le sue basi sul trattamento infiltrativo dei Trigger Point. Diversi studi, grazie all’osservazione clinica, hanno evidenziato come il rilassamento, e l’azione antalgica sui Trigger Point dipendesse non tanto dalla sostanza iniettata, ma dall’accuratezza con cui vengono inseriti gli aghi.
I pionieri nello studio e nel trattamento dei trigger points sono stati Janet Travell e David Simons, negli anni 40 del 900. Prezioso è stato il contributo scientifico di Karel Lewit e, a seguire, di Andrew Fisher, padre della teoria della “Sensibilizzazione Segmentaria Spinale”.
Perché si esegue
Il dry needling viene utilizzato allo scopo di rilasciare i punti di attivazione (Trigger Points), al fine di alleviare tensione muscolare e dolore migliorando il movimento articolare.
La tecnica del dry needling rappresenta una valida, efficace e sicura opzione terapeutica da includere all’interno di un più ampio programma riabilitativo individuale.
Di fatto ha una rapida azione decontratturante e antalgica che consente un più rapido ed efficace svolgimento del percorso riabilitativo.
Indicazioni
Il Dry Needling può essere di beneficio in caso di:
- Dolore cronico;
- Mal di schiena, lombalgia e cervicalgia in particolare;
- Cefalea muscolo-tensiva;
- Emicrania;
- Dolore articolare, conseguente a patologie come l’artrosi o l’artrite reumatoide;
Come si esegue
Il Dry Needling è una modalità di trattamento della sindrome miofasciale che prevede l’inserimento di aghi sterili monouso nei Trigger Point (punti grilletto).
Il Trigger Point rappresenta un’area ipersensibile nel contesto del muscolo scheletrico, ben circoscritta all’interno di una banda tesa, di consistenza dura, molto dolente alla palpazione, che può essere responsabile di dolore a distanza dalla sua sede, debolezza muscolare e riduzione dell’escursione articolare del distretto anatomico interessato.
L’uso di aghi da agopuntura permette al medico di raggiungere aree che normalmente non sarebbe possibile raggiungere per mezzo della terapia manuale. La tecnica si chiama dry needling o “aghettamento a secco” perché gli aghi non rilasciano alcun fluido nel tessuto. Pertanto l’ago è, in realtà, lo stesso adoperato per l’agopuntura.
Come funziona il dry needling?
Il processo biologico che genera e mantiene il Trigger Point è costituito da un’alterazione biochimica ed elettrica a livello della placca motrice o giunzione neuro-muscolare, in cui sono state riscontrate elevate concentrazioni di mediatori chimici del dolore (Bradichinina, Sostanza P, CGRP), ridotto pH e Ossigeno, e iperattività dei recettori per l’Acetilcolina.
Queste alterazioni periferiche, che si auto-alimentano come in un circolo vizioso, conducono ad alterazioni a carico dei circuiti nervosi del midollo spinale e dell’encefalo generando un processo di “sensibilizzazione centrale”.
Gli effetti indotti dall’ago sono di tipo meccanico, chimico e neurofisiologico. Con l’ago si interrompe l’ipercontrattilità dei sarcomeri, allungando le fibre muscolari, si attiva il “gate control” ovvero un meccanismo che riduce la trasmissione dell’impulso dolorifico e si polarizzano elettricamente fibre collagene e muscolari, fornendo le condizioni necessarie al rimodellamento tissutale.
Inoltre, evocando una risposta contrattile riflessa, la cosiddetta “Local Twitch Response”, è stata dimostrata una riduzione locale dei livelli dei mediatori chimici del dolore. La stimolazione prolungata delle fibre periferiche nocicettive alpha-delta sembra attivare gli interneuroni inibitori delle corna dorsali del midollo spinale e i sistemi inibitori del dolore discendenti serotoninergici e noradrenergici.
Rischi e complicanze
Se praticata da un medico qualificato, il dry needling è una tecnica terapeutica sostanzialmente sicura e a medio rischio. Infatti, solo in rare circostanze, dà luogo ad effetti collaterali.
Il paziente, durante il dry needling, avverte una transitoria e parziale attivazione del dolore conosciuto. A seguito di ciò vi può essere un indolenzimento a carico dell’area trattata che recede entro 24- 48 h.
Saltuariamente questa tecnica può provocare un lieve sanguinamento cutaneo nelle zone d’inserzione degli aghi o la comparsa di piccoli ematomi.
Come ogni altra tecnica che prevede l’utilizzo di aghi, il dry needling, può essere associato raramente a segni autonomici quali nausea, brividi, sonnolenza, vertigini o svenimento.
Controindicazioni
Il dry needling è controindicato ai pazienti con difetti della coagulazione, e a coloro che assumono una terapia a base di anticoagulanti. Altre controindicazioni sono la presenza di un’infezione cutanea nella regione da trattare e storia di tumore in anamnesi prossima.
Chi può praticare il Dry Needling in Italia?
In Italia, la pratica del Dry Needling è di esclusiva pertinenza del medico abilitato e in possesso di specifica formazione.
Ricordiamo a tutti i pazienti che visitano il sito che esiste un archivio anagrafico di tutti i medici abilitati in Italia al sito: https://portale.fnomceo.it/cerca-prof/
Quanto può durare una seduta?
La procedura dura pochi minuti, fornisce nella maggior parte dei casi una riduzione quasi immediata del dolore sin dalla prima seduta. La durata del trattamento dipende dalle sedi da trattare, in quanto è possibile effettuare diversi trattamenti in un’unica seduta.