Pubalgia (Sindrome retto-adduttoria)
Epidemiologia
La pubalgia è una patologia la cui epidemiologia resta poco chiara, ma diverse evidenze hanno dimostrato come la sindrome retto-adduttoria sia maggiormente comune in Europa (a causa della maggiore popolarità del gioco del calcio). È raramente riscontrata nella popolazione pediatrica, mentre il disturbo si verifica più frequentemente negli uomini di età compresa tra i 30 e i 50 anni.
Da quanto reperibile in bibliografia, le attività sportive maggiormente a rischio sarebbero rappresentate in primo luogo dal football e, ad un livello minore, dall’hockey, dal rugby e dalla corsa di fondo. Nell’ambito del calcio esistono senza dubbio molti gesti tecnici che possono favorire l’insorgenza della patologia: salti, dribbling, movimenti di cutting in generale, contrasti in fase di gioco effettuati in scivolata (e quindi con gamba abdotta e muscolatura abduttoria in tensione).
A questo proposito è importante ricordare la teoria formulata e proposta da Maigne nel 1981, basata sullo squilibrio funzionale nel quale si trova ad operare meccanicamente la colonna del calciatore costretto, dalle esigenze biomeccaniche di gioco, ad un costante atteggiamento iperlordotico.
Manifestazioni cliniche
Il quadro clinico della pubalgia è caratterizzato da una sintomatologia di tipo soggettivo e oggettivo.
Il dolore, che rappresenta il sintomo caratteristico della condizione, è d’intensità varia: può manifestarsi solo in concomitanza con l’attività sportiva oppure essere intenso e costante fino a limitare la normale deambulazione. Spesso è bilaterale e, nel 40% dei casi, interessa la regione adduttoria, mentre in rari casi interessa la zona perineale.
Spesso l’insorgenza dolorosa può comparire in seguito a gara e/o allenamento, oppure essere già presente prima della prestazione e scomparire durante la fase di riscaldamento, per poi ricomparire nel prosieguo dell’attività. Nei casi estremi la sintomatologia algica impedisce di fatto la prestazione stessa. Il dolore può irradiarsi lungo la muscolatura adduttoria e/o addominale, in direzione del perineo e degli organi genitali, generando dei possibili errori diagnostici.
L’impotenza funzionale è ovviamente direttamente correlata con l’intensità della sintomatologia dolorosa.
Per quanto riguarda l’esame clinico, si baserà su alcuni test muscolari di semplice esecuzione: test per l’attivazione del muscolo ileopsoas dei muscoli retti ed obliqui dell’addome ed infine test per i muscoli adduttori.
Vi sono spesso dei segni che si possono manifestare all’interno del quadro clinico, come la lassità alla palpazione dell’osso pubico direttamente sopra la sinfisi pubica o il dolore pressopalpatorio a livello della sinfisi.
Al momento della diagnosi differenziale bisognerà tenere conto di tutti questi segni poiché ci sono alcune patologie che possono mimare una pubalgia e che devono essere escluse come: l’ernia inguinale o crurale, la sport ernia o una comune prostatite.
Diagnosi
Per ciò che riguarda la diagnosi, bisogna differenziare l’esame strumentale rispetto a quello clinico.
È sempre consigliabile effettuare un esame radiografico del bacino che evidenzi la situazione della sinfisi pubica, in modo tale da poter verificare la presenza di eventuali erosioni, dismetrie delle branche pubiche o presenza di artrosi (meglio se un esame RX dinamico effettuato in appoggio monopodalico alternato).
L’ecografia è utile per evidenziare la presenza di eventuali tendinopatie o calcificazioni, zone di edema flogistico, ematomi (in caso di lacerazioni muscolo-tendinee) e zone di degenerazione mixoide. Inoltre trova una sua indicazione nel caso di sospetta ernia inguinale o crurale.
Il gold standard si dimostra la RM che può dare informazioni dettagliate sia sulla situazione ossea, che sulle strutture inserzionali.
Trattamento
Innanzitutto si deve specificare che, in letteratura, la durata del trattamento va da 2 a 3 settimane secondo alcuni autori, sino a 6 mesi secondo altri. In linea di massima comunque si concorda su un trattamento conservativo la cui durata è di circa 3 mesi.
I criteri su cui conformarsi per una buona terapia sono: la tipologia anatomo-clinica, l’età e il livello sportivo del paziente, l’intensità e la tipologia della sintomatologia dolorosa.
La prima terapia efficace è il riposo. Oltre a questo, è generalmente prevista una terapia antalgica a base di farmaci antiinfiammatori non cortisonici e/o di farmaci steroidei per os; nei casi particolarmente acuti e non responsivi può essere indicata anche la terapia infiltrativa.
Molte volte nella terapia infiltrativa vengono utilizzati farmaci ad azione anestetica (normalmente Xilocaina al 2%), allo scopo di poter rendere disponibile l’atleta all’attività agonistica, o direttamente farmaci corticosteroidei, possibilmente sotto guida ecografica.
Il rinforzo della muscolatura addominale in toto ed in particolar modo dei muscoli obliqui e del terzo inferiore del retto addominale, l’allungamento e detensione della muscolatura adduttoria e il condizionamento e rinforzo sinergico della muscolatura addominale, adduttoria e lombare sono i punti principali da rispettare per un buon trattamento conservativo.
Altre opzioni terapeutiche a disposizione sono: le onde d’urto, ovvero onde di pressione (acustiche, di natura meccanica) prodotte da appositi generatori, in grado di propagarsi nei tessuti, in sequenza rapida e ripetuta, con proprietà antidolorifiche, antinfiammatorie, “anti-gonfiore”, stimolando la riparazione dei tessuti; l’elettrolisi percutanea tendinea, ovvero l’applicazione di una corrente galvanica attraverso un ago da agopuntura per accedere al tessuto danneggiato provocando un’ulteriore risposta infiammatoria necessaria per avviare il processo di riparazione, senza danneggiare il tessuto sano.
Secondo i dati desumibili in letteratura, il trattamento conservativo permette di raggiungere la guarigione completa in circa l’80% dei casi, ed è comunque raccomandato, come prima scelta terapeutica, dalla maggioranza degli autori.
L’intervento chirurgico per risolvere la pubalgia è consigliato nei casi più gravi e cronicizzati della patologia. In passato, si operava direttamente sul tendine per ripulirlo, oggi si usano sistemi cosiddetti “miniinvasivi” con l’uso di radiofrequenze e attraverso una semplice incisione superficiale del tessuto interessato.
Considerazioni del medico
La pubalgia è un interessante e controverso oggetto di discussione per ciò che concerne il suo iter terapeutico, sia nel caso in cui questo sia di tipo conservativo oppure chirurgico. In ogni modo, ci sembra fondamentale sottolineare l’enorme importanza che riveste in questo campo una corretta e precoce diagnosi. Infatti, solamente dopo questo passaggio, la comprensione dell’eziologia del dolore pubalgico, si è in grado di indirizzare il paziente verso il tipo di trattamento maggiormente consono al suo caso. Perciò l’esame clinico deve essere supportato da adeguati esami strumentali, che possano aiutare lo specialista nella formulazione della diagnosi. Il trattamento conservativo, ovviamente se indicato, dovrà seguire dei criteri d’intervento ben precisi, dettati dai progressi funzionali del paziente e nel pieno rispetto della sintomatologia dolorosa.
Riferimenti
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