Rizoartrosi: epidemiologia, cause e trattamenti
- Epidemiologia
- Eziologia e Classificazione
- Manifestazioni cliniche e Diagnosi Differenziale
- Diagnosi
- Trattamento
- Considerazioni del medico
L’articolazione trapezio metacarpale (in inglese trapeziometacarpal joint, TMCJ) è un’articolazione alquanto complessa, caratterizzata da una componente mobile (primo metacarpo) e da una componente fissa (trapezio), generalmente poco congruenti tra di esse. Ciò conferisce un’instabilità intrinseca dei capi articolari che risulta essere in parte limitata dal complesso legamentoso di rinforzo capsulare e dall’equilibrio muscolare tra i muscoli intrinseci ed i muscoli estrinseci.
Tale aspetto caratteristico, associato a un ampio grado di libertà di cui gode l’articolazione trapezio-metacarpale per lo svolgimento dei suoi movimenti complessi le conferisce un ruolo chiave nei movimenti di grasping (afferrare oggetti) e handling (maneggiare oggetti) e, al contempo, una maggiore predisposizione alla degenerazione artrosica articolare. È per tale motivo che viene descritta separatamente dall’artrosi delle altre dita della mano con il nome di rizoartrosi od artrosi trapezio metacarpale (TMO).
Epidemiologia
La prevalenza è maggiore nel sesso femminile rispetto a quello maschile (rispettivamente 15% e 1,4% nei pazienti over 35) e in entrambi i sessi aumenta con l’età, raggiungendo il 25% nelle donne in menopausa.
Tra i fattori di rischio che hanno mostrato maggiore evidenza vi sono: età superiore ai 40 anni, sesso femminile (soprattutto dopo la menopausa), anamnesi familiare positiva per artrosi, attività lavorativa caratterizzata da movimenti ripetuti e microtraumatismi (meccanici, segretari, sarti, dentisti). L’obesità sembra essere associata a una maggiore incidenza di TMO.
Eziologia e Classificazione
Le cause di rizoartrosi non sono ancora del tutto chiare. Sembrerebbe che l’instabilità dell’articolazione rappresenti un fattore predisponente, ma è necessario che agiscano su di essa forze esterne per un tempo prolungato (attività manuali che comportano l’uso prevalente di “pinzamento” pollice-indice). Secondo la teoria dello stress ripetitivo la presa di oggetti fini (in abduzione) favorisce la sublussazione della base del 1° metacarpo.
L’instabilità della TM può essere primaria (anomalie morfologiche del trapezio, lassità capsulo-legamentosa congenita, alterata inserzione di uno dei tendini dell’abduttore lungo del pollice sul trapezio) o secondaria (lesione legamentosa, esiti di frattura del trapezio o della base del 1° metacarpo, overuse lavorativo).
La lassità del legamento causa un’instabilità dell’articolazione con conseguente disallineamento tra i capi ossei, con attrito tra di loro durante i movimenti del primo dito. La TMO, come tutti i fenomeni artrosici articolari, rappresenta l’espressione patologica dell’usura, della flogosi e dello squilibrio immunologico dell’articolazione ed è il risultato dello squilibrio fra fenomeni degenerativi e tentativi di riparazione messi in atto dai differenti istotipi presenti in articolazione.
Nel tempo si determina una sublussazione dorsoradiale della base del primo metacarpo, accentuata dai movimenti in adduzione ripetuti, che riducendo la congruenza articolare, accentuano la sublussazione e provocano una postura addotta del 1° dito.
La classificazione della rizoartrosi più adoperata è quella radiografica secondo Eaton-Littler, che la suddivide in 4 stadi basandosi su Rx in latero-laterale dell’articolazione TM con le ossa sesamoidi sovrapposte.
- Stadio 1: superfici articolari normali dell’articolazione TM.
- Stadio 2: riduzione dello spazio articolare per deficit o lassità dei legamenti della articolazione TM.
- Stadio 3: marcato restringimento della rima articolare, formazioni cistiche subcondrali, sclerosi ossea, sublussazione del I metacarpo rispetto al trapezio maggiore di 2 mm. L’articolazione trapezio-scafoidea è integra.
- Stadio 4: completo deterioramento dell’articolazione TM associato ad un coinvolgimento della articolazione trapezio-scafoidea.
Tuttavia, si può osservare solo una modesta associazione tra reperti radiografici e sintomi clinici, con pazienti che a fronte di importanti cambiamenti strutturali a carico dell’articolazione, possono non presentare una sintomatologia particolarmente invalidante.
Manifestazioni cliniche e Diagnosi Differenziale
La rizoartrosi si presenta clinicamente con dolore sulla porzione radiale della mano o del pollice, esacerbato dai movimenti del pollice e associato a difficoltà alla prensione degli oggetti (presa a pinza bidigitale), graduale deformità del primo raggio. Il dolore viene normalmente evocato dalla digitopressione sull’articolazione trapezio metacarpale.
Solitamente segni e sintomi sono monolaterali per poi evolvere verso un interessamento bilaterale. Negli stadi avanzati la sintomatologia può presentarsi anche a riposo, limitando seriamente le normali attività della vita quotidiana, e si può osservare una deformità dell’articolazione trapeziometacarpale, che assume un aspetto a “zig-zag” (o a zeta).
La TMO entra in diagnosi differenziale con numerose patologie, tra cui sindrome di De Quervain, artrite reumatoide, tendinopatia del flessore radiale del carpo o del flessore lungo del pollice, traumi del primo dito, sindrome del tunnel carpale, presenza di cisti sinoviali.
Diagnosi
La diagnosi di TMO prevede un inquadramento clinico sulla base della caratteristica sintomatologia e alla positività a tests clinici specifici (grind test, pinch test e distraction test).
La diagnostica strumentale (radiografia, ecografia, risonanza magnetica) fornisce i dati per un corretto inquadramento dello stadio di malattia al fine di stabilire il trattamento più idoneo. Le alterazioni tipiche del processo artrosico dell’articolazione trapezio metacarpale includono: riduzione della rima articolare, appuntimenti ostefitici, formazioni cistiche subcondrali, erosione della cartilagine subcondrale, sclerosi ossea, sublussazione del primo metacarpo rispetto al trapezio.
Il ricorso alla risonanza magnetica è raro nella pratica clinica ed è prevalentemente riservato al fine di escludere possibili complicanze della TMO, mentre l’esame ecografico, consente di aggiungere utili elementi di valutazione (morfologia della capsula articolare, eventuale presenza di flogosi articolare e/o positività al segnale doppler versamento, alterazioni erosive od appositive del margine osseo articolare, tumefazione dei tessuti molli, etc.) anche in dinamica.
Trattamento
L’obiettivo del trattamento terapeutico è quello di consentire la risoluzione del dolore, che è spesso la prima causa della impotenza funzionale, e nel medesimo tempo mantenere o ripristinare il movimento con forza nella presa nel concetto attuale di terapia integrata. Le opzioni terapeutiche comprendono la possibilità di optare tra un trattamento conservativo, mini-invasivo o chirurgico.
Il punto di partenza per un corretto trattamento è l’informazione del paziente: spiegare la patologia e la sua prognosi, limitando movimenti scorretti o stressanti per l’articolazione rappresenta l’inizio del percorso di cura di buona parte delle patologie degenerative articolari.
Il trattamento conservativo prevede l’utilizzo di splint, di fisiochinesiterapia (terapia manuale, rinforzo dei muscoli tenari, rieducazione della presa a pinza nelle attività di vita quotidiane che la richiedono), interventi di terapia occupazionale, terapia fisica strumentale (correnti diadinamiche, magnetoterapia, ultrasuonoterapia, laser ad alta potenza), terapia farmacologica sistemica (analgesici, antiinfiammatori).
Tra i supporti farmacologici inseriamo i cosiddetti Slow-Acting Drag for OsteoArthritis (SySADOA) come condroitinsolfato, glucosamina solfato, acido ialuronico e altre sostanze che definiamo condroprotettori.
Da diversi anni ai trattamenti conservativi si associano alcuni trattamenti mini-invasivi eseguiti negli ambulatori di fisiatria interventistica. Tra questi le infiltrazioni intrarticolari di steroidi e/o acidi ialuronici rappresentano l’opzione terapeutica più spesso seguita. Negli ultimi anni numerosi studi hanno mostrato la validità del trattamento infiltrativo con acido ialuronico (AI) per il trattamento di tutte le articolazioni affette da patologia osteodegenerativa. È stato oggetto di studio anche l’utilizzo di concentrati piastrinici (PRP) e si attendono risultati sull’utilizzo di cellule mesenchimali.
La terapia infiltrativa consiste nell’iniezione intrarticolare di corticosteroidi e/o acido ialuronico ed è in grado di migliorare la funzionalità articolare e ridurre il dolore. In generale sembra che l’utilizzo dei corticosteroidi abbia un effetto più rapido ma di durata minore, mentre l’acido ialuronico più ritardato ma prolungato nel tempo.
Tra le opzioni terapeutiche occorre citare anche la proloterapia che prevede l’uso di destrosio.
Nonostante le evidenze scientifiche sull’efficacia della terapia infiltrativa siano notevolmente aumentate nel corso dell’ultimo decennio, persiste la necessità di proseguire nell’osservazione per avere dati più “solidi”, ma certamente i trattamenti conservativi rivestono un ruolo fondamentale nel trattamento dei primi stadi della TMO.
Il trattamento chirurgico (ad esempio la trapezectomia, l’artroplastica tendinea in sospensione, o l’artrodesi) può essere efficace per la rizoartrosi grave e dovrebbe essere considerato in pazienti con dolore forte e/o disabilità dopo che i trattamenti conservativi hanno fallito.
Considerazioni del medico
Le patologie, infiammatorie o degenerative, a carico delle piccole articolazioni della mano, in primis la TM, hanno avuto un netto incremento nel corso degli ultimi anni in conseguenza della larga diffusione dei dispositivi “touch” (i.e. smartphone e tablet) che hanno modificato le abitudini quotidiane dell’utilizzo della manualità fine nella popolazione generale. Per tale motivo si assiste a una crescente richiesta di visite specialistiche per patologie da “overuse” che comportano sofferenza di tendini, legamenti e articolazioni.
Approfondimenti esterni
L’utilizzo degli ultrasuoni attraverso l’ecografia ha trovato sempre maggiore spazio nel trattamento di quadri di artrosi localizzata per i vantaggi che la metodica porta sia da un punto di vista diagnostico sia dal punto di vista terapeutico nel trattamento infiltrativo come guida alla infiltrazione intrarticolare. L’utilità dell’utilizzo della guida ecografica, infatti, è suffragata dall’alta probabilità d’insuccesso terapeutico dovuta ad una scarsa precisione delle infiltrazioni non ecoguidate che possono causare un errore d’esecuzione di tecnica come documentato da studi presenti in letteratura. I vantaggi della tecnica infiltrativa ecoguidata derivano dalla facilità di localizzare e centrare il bersaglio mediante una visualizzazione multiplanare e dinamica dell’articolazione.
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