Sindrome delle faccette vertebrali: sintomi e cura
La colonna vertebrale è composta da 33 vertebre: 7 vertebre cervicali, 12 vertebre toraciche o dorsali, 5 vertebre lombari, 5 vertebre sacrali e 4 o 5 vertebre coccigee. Le sacrali e le coccigee formano delle ossa indipendenti unite da un’articolazione, mentre le altre, eccetto la prima e la seconda cervicale, sono unite tra loro dai dischi intervertebrali, dalle articolazioni interapofisarie e dai legamenti. Tutti questi permettono un’elevata mobilità al rachide vertebrale, consentendo movimenti di flesso-estensione, rotazione e latero-flessione.
Le vertebre, sulla faccia anteriore, si sostengono l’una sull’altra appoggiandosi sulla loro porzione più voluminosa (corpi vertebrali), separate dal disco intervertebrale. Posteriormente e lateralmente sono unite tra loro dalle articolazioni definite interapofisarie o faccettali, che si adattano all’altezza del disco intervertebrale.
Le strutture che formano la faccetta articolare sono: la capsula fibrosa, la membrana sinoviale, la cartilagine ialina e l’osso.
L’innervazione delle faccette articolari è garantita dal ramo interno della branca posteriore del nervo spinale; ognuna è innervata dal segmento superiore e da quello inferiore adiacente.
Epidemiologia
Il termine di facet syndrome (FS) è stato proposto per la prima volta nel 1933 da Gormley, che ipotizzò per primo come i processi degenerativi e produttivi a livello delle faccette interarticolari potessero portare all’intrappolamento della radice corrispondente causando una localizzazione del dolore a livello lombare. In seguito, nel 1950 Harris, Mc Nab e Mc Rae ricercando la causa della degenerazione delle faccette articolari, ipotizzarono che a monte vi potesse essere la precedente sofferenza e degenerazione del disco intervertebrale, causa di una secondaria e persistente instabilità delle colonne portanti posteriori con sovraccarico e lesioni degenerative conseguenti.
Alla base del processo, nella maggior parte dei casi, può essere identificata un’instabilità della colonna, in partenza su base disfunzionale, che crea lesioni degenerative, le quali a loro volta causano un’ulteriore instabilità, dolore e infiammazione, in un circolo vizioso.
Situazioni come l’iperlassità legamentosa, anomalie di carico da alterazioni biomeccaniche intrinseche o estrinseche (iperlordosi lombare, sport o carichi eccessivi, alterazioni dello spazio intersomatico, anterolistesi), patologie degenerative intrinseche delle cartilagini delle articolazioni interapofisarie posteriori con associata artrosi produttiva e formazione di becchi osteofitosici, sono cause esemplificative della “facet syndrome”.
Infatti, l’instabilità potrebbe causare oltre al generarsi della patologia degenerativa, anche una distrazione da sovraccarico della capsula dell’articolazione delle faccette lombosacrali o uno stiramento della branca articolare del ramo primario dorsale della radice nervosa, con comparsa di un dolore generato dalle strutture nocicettive dall’articolazione stessa.
La “facet syndrome” è in definitiva una sindrome algica caratterizzata da dolore tessutale profondo, alle volte irradiato alle zone vicine.
Manifestazioni cliniche e Diagnosi
La diagnosi di sospetta sindrome delle faccette si formula quando un paziente presenta un dolore cervico-dorso-lombare aspecifico, con rigidità, soprattutto mattutina, del rachide in toto.
Spesso il dolore aumenta a causa di movimenti della colonna soprattutto di torsione, latero-flessione, iperestensione e per prolungati periodi in stazione eretta.
Per quanto riguarda l’imaging: la radiografia della colonna in 3 proiezioni (antero-posteriore, laterale ed obliqua) è spesso in grado di fornire informazioni sulla conformazione delle faccette articolari. La TAC dà ulteriori informazioni anche sulle strutture adiacenti. La RMN è utile per escludere altre patologie come le ernie discali e le alterazioni discali.
La diagnosi definitiva, però, si ottiene procedendo a un’infiltrazione diagnostica RX guidata o eco-guidata. Quest’esame si esegue con un’infiltrazione locale con cortisone ed anestetico, sotto guida scopica in prossimità dell’articolazione che si sospetti responsabile del dolore.
Se il dolore migliora con l’infiltrazione, questo confermerà che si tratta di una sindrome delle faccette articolari.
Trattamento
In generale i trattamenti che possono essere raccomandati per la sindrome delle faccette articolari sono i seguenti:
- Il trattamento conservativo: consiste in mobilizzazioni dolci della colonna vertebrale, rieducazione posturale, esercizi rieducativi fisioterapici per favorire la flessibilità del rachide ed esercizi di rafforzamento e stretching muscolare. Se il trattamento fisioterapico non risulta sufficiente, si procede con la terapia orale farmacologica.
- Nel caso in cui le terapie conservative falliscano, un’opzione valida è il trattamento con radiofrequenza: la denervazione delle faccette articolari è una tecnica di intervento di terapia del dolore che consiste nella termoablazione della faccetta articolare, andando ad eseguire una lesione del ramo nervoso tributario della faccetta articolare attraverso un elettrodo inserito in anestesia locale sotto controllo radiologico. L’effetto causa un intorpidimento dell’area nervosa trattata, con conseguente interruzione della trasmissione del dolore.
Il corretto posizionamento dell’ago, inserito a livello delle faccette articolari interessate, viene controllato attraverso un fluoroscopio, o in alternativa anche con metodica eco-guidata. Tale procedura si rivela efficace nel 90% dei casi. La durata di azione può essere definitiva anche se in alcuni casi, bisogna ripeterla a distanza di 12-18 mesi.
Considerazioni del medico
In letteratura sono presenti molti studi riguardanti la sindrome delle faccette articolari, ma non altrettanto qualitativamente chiari riguardo i criteri di selezione dei pazienti, la metodica di radiofrequenza utilizzata e l’efficacia stessa di quest’ultima. Infatti la denervazione delle faccette articolari rimane l’unica soluzione antalgica valida ad aiutare un paziente affetto dalla classica sintomatologia della “facet syndrome”, ma purtroppo in alcuni casi non definitiva. Perciò ritengo che sia indispensabile che, oltre all’azione sul sintomo dolore, venga anche intrapresa un’azione di rieducazione e presa in carico globale del paziente, per migliorare l’outcome e per prevenire le recidive.
Riferimenti
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- Harris Rli, Mcnab I ( 1954) Structural changes in the lumbar intervertebral discs; their relationships to low back pain and sciatica. J Bone Joint Surg Br 36-36B; 304-22
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