Sindrome di De Quervain
Epidemiologia
La sindrome di De Quervain è una tenosinovite da intrappolamento dei tendini del I compartimento degli estensori della mano, nello specifico dei tendini dell’abduttore lungo del pollice e dell’estensore breve del pollice. Fu descritta per la priva volta da Fritz de Quervain, un chirurgo svizzero che pubblicò un articolo su 5 casi clinici di pazienti che presentavano ispessimento e dolore a livello del primo compartimento estensorio del polso.
La prevalenza stimata di questa tenosinovite è dello 0.5% negli uomini e dell’1.3% nelle donne, con un picco di prevalenza tra i 40 e i 50 anni. Si evidenzia con maggiore frequenza in individui con storia di epicondilite o epitrocleite e nelle neo mamme soprattutto durante l’allattamento; in questi ultimi due casi sembra avere carattere autolimitante. È la più comune tendinopatia della mano e del polso nelle donne lavoratrici con impieghi ripetitivi [1-2].
Eziologia
L’esatta causa resta sconosciuta, ma si considerano fattori predisponenti i movimenti ripetitivi del pollice, soprattutto se associati alla deviazione radiale o ulnare del carpo (ad esempio l’utilizzo del mouse), la predisposizione genetica e l’anatomia (soprattutto il restringimento della puleggia in cui passano o l’ispessimento della guaina tendinea che li avvolge). Anatomicamente infatti i due tendini sono strettamente fissati contro lo stiloide radiale dal retinacolo degli estensori e attraversano una puleggia (anello fibroso che mantiene la giusta posizione dei tendini e ne garantisce l’azione meccanica) per poi inserirsi sul compartimento dorsale del pollice. L’incongruenza tra il diametro della puleggia e il calibro dei tendini genera continua frizione generando infiammazione, edema e ulteriore restringimento della puleggia che determina dolore e impotenza funzionale nell’utilizzo del I raggio [3-4].
Manifestazioni cliniche e Diagnosi
Clinicamente si manifesta con dolore acuto localizzato nella regione della stiloide radiale, che può irradiarsi alla superficie laterale del polso fino a interessare tutto l’avambraccio, e impotenza funzionale. La sintomatologia è esacerbata dai movimenti che richiedono la flessione ulnare del carpo con la mano chiusa a pugno e il pollice in flessione o dai movimenti di torsione del polso (ad esempio aprire una bottiglia d’acqua o stringere il tappo di un barattolo). A volte l’ispessimento delle strutture coinvolte può distorcere la cute sovrastante generando una tumefazione fusiforme e dura osservabile già all’ispezione.
La diagnosi è squisitamente clinica, il test di Finkelstein (consistente nella flessione del pollice sul palmo e poi nella deviazione ulnare del polso) è altamente specifico e genera intenso dolore al primo compartimento dorsale. Inoltre non è presente dolore al carico assiale sull’articolazione carpometacarpica, tipico invece dell’artrosi.
Anche se il primo compartimento dorsale ispessito può essere ossuto, esso è costituito da fascia e tendine, perciò l’esame radiografico risulta privo di indicazione e non è necessario per la diagnosi di routine. Tuttavia, va sottolineato che le radiografie potrebbero risultare utili per escludere altre condizioni responsabili del dolore del paziente, permettendo la diagnosi differenziale tra la tenosinovite da Quervain dalla rizoartrosi (artrosi dell’articolazione trapezio-metacarpale che risiede alla base del pollice) o in chi soffre di entrambe le condizioni.
Talvolta può essere utile eseguire una ecografia per verificare la gravità della tenosinovite dell’abduttore lungo e dell’estensore breve del pollice o la presenza di una eventuale cisti della puleggia [5-6].
Trattamento
Esistono diversi approcci terapeutici possibili per la sindrome di De Quervain, generalmente presi in considerazione in maniera differente in base alla gravità del quadro clinico. Tra gli approcci di tipo conservativo si tende in prima battuta e nelle fasi iniziali a consigliare l’utilizzo della crioterapia associata a tutori di immobilizzazione del polso e pollice. Questi tuttavia spesso risultano troppo limitanti e i pazienti tendono a farne un utilizzo saltuario o ad abbandonarli del tutto. Inoltre gli studi non hanno dimostrato che l’utilizzo dei tutori sia in grado di fornire un sollievo duraturo [7].
Qualora sia necessario immobilizzare l’articolazione (ad esempio in casi di dolore iperacuto) va tenuto conto che il tutore ottimale dovrebbe mantenere il polso in posizione neutra, l’articolazione carpometacarpale flessa a 30° e il pollice in abduzione di 30° con la relativa interfalangea completamente libera [8].
La fisiochinesiterapia e la terapia occupazionale hanno lo scopo di migliorare lo scorrimento dei tendini ALP e EBP all’interno della puleggia, i programmi prevedono generalmente della mobilizzazione passiva ed attiva a tolleranza e una successiva fase di rinforzo. In genere si tende ad associare la fisiochinesiterapia a terapie fisiche utili a ridurre l’edema e il dolore locale.
La terapia fisica associata all’esercizio terapeutico risulta utile per ridurre o evitare l’approccio farmacologico, in particolare la ionoforesi e l’ultrasuonoterapia. Quest’ultima è utilizzata in molte affezioni muscoloscheletriche e sembrerebbe avere una discreta efficacia se tarata con una energia che varia tra gli 0 fino a 2 W/cm. La terapia fisica con maggiore efficacia sembrerebbe essere tuttavia la laserterapia ad alta intensità, ma in generale tutte queste metodiche necessitano di ulteriori approfondimenti.
L’utilizzo di FANS per via sistemica è generalmente consigliato in caso di sintomatologia acuta e per il periodo più breve possibile, l’uso concomitante della ionoforesi può essere considerato un’ottima opzione soprattutto per ridurre la durata della terapia per os ed i relativi effetti collaterali. Generalmente per la ionoforesi si preferisce utilizzare il desametasone che si è dimostrato efficace in letteratura nella riduzione del dolore [9].
L’approccio conservativo a maggiore impatto sulla sintomatologia è certamente quello infiltrativo, che consiste nell’iniezione peritendinea nel primo compartimento dorsale di corticosteroidi e anestetici, generalmente 0,5 ml di lidocaina pura all’1% e 0,5 ml di corticosteroide a lunga durata d’azione. Gli studi hanno dimostrato una efficacia della singola infiltrazione pari al 50% ripetibile a distanza di almeno un mese e con un’ulteriore efficacia del 45-50% [10-11]. L’associazione di acido ialuronico sembrerebbe ridurre i tassi di recidiva [12]. L’approccio infiltrativo deve essere riservato alla mano medica, meglio se la procedura può essere effettuata sotto guida ecografica, perché è fondamentale che i farmaci raggiungano la guaina tendinea e non il sottocute dove i corticosteroidi possono causare atrofia del grasso e del derma risultando oltre che inefficaci anche dannosi [13].
L’approccio chirurgico dunque è riservato ai casi meno responsivi alle terapie conservative, consiste nella “puleggiotomia” liberando i due tendini nello scorrimento ed eliminando la causa del dolore e dell’impotenza funzionale. Esistono varie tipologie di approcci chirurgici ma i risultati in letteratura non sono sempre concordanti. In generale la completa ripresa funzionale varia dalle 2 alle 4 settimane e risulta fondamentale la rapida mobilizzazione dell’articolazione nel post operatorio al fine di ottimizzare e rendere duraturi i risultati ottenuti. L’efficacia dell’approccio chirurgico comunque non scevro da complicanze è piuttosto elevata, si aggira tra l’80 e il 90% [15].
In conclusione possiamo affermare che l’approccio più efficace è certamente il frutto di un accurato lavoro in équipe tra medico fisiatra, fisioterapista e chirurgo ortopedico tale da stabilire il più corretto iter terapeutico per il singolo paziente.
Riferimenti
[1] Wright PE (2008) Carpal tunnel, ulnar tunnel, and stenosing tenosynovitis. In: Campbell WC, Canale ST, Beaty JH (eds) Campbell’s operative orthopaedics, 11th edn. Mosby/Elsevier,Philadelphia, PA, pp 4299–4230.
[2] Walker-Bone K, Palmer KT, Reading I, Coggon D, Cooper C (2004) Prevalence and impact of musculoskeletal disorders of the upper limb in the general population. Arthritis Rheum 51:642–651.
[3] Schned ES (1986) De Quervain tenosynovitis in pregnant and postpartum women. Obstet Gynecol 68:411–894.
[4] Batteson R, Hammond A, Burke F (2008) The de Quervain’s screening tool: validity and reliability of a measure to support clinical diagnosis and management. Musculoskeletal Care 6:168–180.
[5] Finkelstein H. Stenosing tendovaginitis at the radial styloid process. Journal of Bone and Joint Surgery. 1930. 12:509-40.
[6] Ilyas AM, Ast M, Schaffer AA, Thoder J. De Quervain tenosynovitis of the wrist. J Am Acad Orthop Surg. 2007;15(12):757–64
[7] Ilyas A. Nonsurgical treatment of de Quervain’s tenosynovitis. J Hand Surg. 2009;34A:928–9.
[8] Ilyas AM, AstM, Schaffer AA, Thoder J. De Quervain tenosynovitis of the wrist. J Am Acad Orthop Surg. 2007;15(12):757–64.
[9] Hartzell TL, Rubenstein R, Herman M. Therapeutic modalities—an updated review for the hand surgeon. J Hand Surg. 2013;37A:597–621.
[10] Diop AN, Ba-Diop S, Sane JC, Tomolet Alfidja A, Sy MH, Boyer L, et al. [Role of US in the management of de Quervain’s tenosynovitis: review of 22 cases]. J Radiol. 2008 Sep. 89(9 Pt 1):1081-4.
[11] Sawaizumi T, Nanno M, Ito H. De Quervain’s disease: efficacy of intra-sheath triamcinolone injection. Int Orthop. 2007 Apr. 31(2):265-8.
[12] Orlandi D, Corazza A, Fabbro E, Ferrero G, Sabino G, Serafini G, et al. Ultrasound-guided percutaneous injection to treat de Quervain’s disease using three different techniques: a randomized controlled trial. Eur Radiol. 2015 May. 25 (5):1512-9.
[13] Pagonis T, Ditsios K, Toli P, Givissis P, Christodoulou A. Improved corticosteroid treatment of recalcitrant de Quervain tenosynovitis with a novel 4-point injection technique. Am J Sports Med. 2011 Feb. 39(2):398-403.
[14] Huisstede BM, Coert JH, Fride´n J, Hoogvliet P; European HANDGUIDE Group. Consensus on a multidisciplinary treatment guideline for de Quervain disease: results from the European HANDGUIDE study. Phys Ther 2014;94:1095-110.
[15] Zarin M, Ahmad I. Surgical treatment of de Quervain’s disease. J Coll Physicians Surg Pak. 2003 Mar;13(3):157-8.