Sindrome di Haglund: cause, diagnosi e terapie
La sindrome di Haglund è una patologia della grossa tuberosità calcaneare caratterizzata da borsite retrocalcaneare, tendinopatia inserzionale dell’Achilleo con prominenza dell’angolo calcaneare superiore (deformità di Haglund) che determina impingement. Fu descritta per la prima volta da Patrick Haglund nel 1928 [1].
Epidemiologia della Sindrome di Haglund
I pazienti con sindrome di Haglund hanno un’età variabile da giovane ad adulto, sono di entrambi i sessi e con diversi stili di vita, sebbene sia più comune tra 20–35 anni, tra le donne [2] e tra gli sportivi (tennis, calcio, podisti, marciatori, corridori e maratoneti). Quest’ultimo dato è probabilmente da ricondurre al tipo di calzature indossate e alle numerose sollecitazioni, agli sfregamenti della scarpa contro il tallone e ai continui microtraumi cui è sottoposto il tallone durante la performance atletica, che possono determinare ipertrofia ossea [3].
L’eziologia non è nota. Ci sono diversi fattori di rischio biomeccanici che possono determinarne lo sviluppo. Questi sono: piede equino, piede cavo, varismo compensato del retropiede, valgismo compensato dell’avampiede, primo raggio rigidamente flesso plantarmente e traumi all’apofisi nell’infanzia.
Tali condizioni determinano un eccessivo movimento sul piano frontale con conseguente produzione di ripetuti traumi meccanici cumulativi e infiammazione meccanicamente indotta. [4] La pretuberanza ossea può infatti causare irritazione delle strutture anatomiche vicine, determinando l’insorgenza della tendinopatia achillea e della borsite retrocalcaneare. [3]
Manifestazioni cliniche e Diagnosi differenziali
La sindrome di Haglund può essere diagnosticata clinicamente attraverso un’approfondita anamnesi ed esame obiettivo, supportati da reperti radiografici.
La presenza di dolore in sede calcaneare posteriore a livello dell’inserzione del tendine è il sintomo di presentazione. Il dolore è preminente quando il paziente inizia a camminare dopo il riposo. Può essere associato a zoppia, gonfiore e difficoltà a indossare scarpe chiuse. Tale condizione può essere unilaterale o bilaterale. La diagnosi differenziale va effettuata con le altre patologie che causano dolore in sede posteriore del tallone: tendinopatia achillea, borsite retrocalcaneare, fascite plantare, avulsione del tendine d’Achille. Inoltre, un’accurata anamnesi va effettuata per escludere patologie reumatologiche come la gotta, l’artrite reumatoide o la spondiloartropatia sieronegativa. [5]
Diagnosi
All’esame obiettivo si rilevano soprattutto i segni di borsite retrocalcaneare con ipersensibilità del sito e gonfiore dei tessuti molli in regione laterale al tendine di Achille a livello della regione postero-superiore del calcagno (il pump – bumb).
Se il dolore risulta localizzato al di sotto del calcagno, più probabile sarà la diagnosi di fascite plantare; mentre un segno di Thompson positivo e il rilevamento di un gap alla palpazione del tendine d’Achille faranno pensare ad una lesione dello stesso. Nella tendinosi achillea il dolore digitopressorio sarà presente più distalmente e sarà visibile strumentalmente anche la calcificazione intratendinea nei pressi della sua inserzione calcaneare. [6][7]
La valutazione strumentale è importante per distinguere la sindrome di Haglund dalle condizioni isolate di borsite retrocalcaneare, borsite achillea e tendinosi achillea o dalle condizioni sistemiche di sindrome di Reiter e artrite reumatoide.
In tal senso, l’ecografia muscolo tendinea ha mostrato in letteratura una bassa utilità nel distinguere le condizioni isolate di borsite retrocalcaneare, pre–achillea e tendinite dell’Achilleo da una sindrome più compressa. [8]
L’esame radiografico, effettuato in proiezione laterale, è utile per valutare la presenza della prominenza in regione postero superiore del calcagno, la deformità di Haglund, la cui valutazione, con quantificazione del grado di prominenza, può essere effettuata utilizzando diverse metodiche di analisi. Le più utilizzate sono: l’angolo di Fowler-Philip (o angolo calcaneare posteriore) e lo studio delle “parallel pitch lines”.
Il primo, formato dalla congiunzione della linea di base, tangente al tubercolo anteriore e al processo mediale del tubercolo plantare del calcagno, e una seconda linea, tangente al tubercolo posteriore ed al punto d’inserzione del tendine d’Achille; esso misura normalmente 60°. Qualsiasi aumento di tale valore comporta una salienza anomala del angolo postero-superiore del calcagno; quando maggiore di 75° è indicativo per sindrome di Haglund.
Le “parallel pitch lines” si distinguono in inferiore e superiore: l’inferiore (PPL1) equivale alla linea di base dell’angolo calcaneare posteriore, la superiore (PPL2) viene disegnata parallelamente alla prima ad una distanza (d) determinata da una linea ad esse perpendicolare, costruita tra il labbro posteriore della faccetta articolare talare (T) e la linea di base. Una proiezione bursale della tuberosità calcaneare restante al disotto o a livello della PPL2 è considerata normale, non prominente (-PPL), mentre oltrepassante tale linea è considerata patologica (+PPL).
La diagnosi di sindrome di Haglund è data dalla coesistenza di: +PPL; corticale della prominenza bursale intatta; perdita del recesso retrocalcaneare, indicante la presenza di borsite retrocalcaneare sottostante; ispessimento del tendine di Achille, misurante dai 9 mm ai 2 cm di spessore sopra la proiezione della borsa; perdita di netta interfaccia tra il tendine di Achille e il cuscinetto adiposo pre-Achilleo, come da tendinite Achillea, e convessità del tessuto molle posteriore all’inserzione del tendine di Achille, indicante borsite sovra Achillea. Clinicamente, quest’ultimo reperto equivale al “pump-bump”. [2]
Nelle malattie reumatologiche (Reiter e artrite reumatoide) non vi è prominenza bursale della tuberosità calcaneare (-PPL o Angolo di Fowler <75°) e vi è erosione della corticale ossea.
Nello sperone retrocalcaneare si può verificare un rigonfiamento posteriore al tallone, simil pumb-bump, esso è tuttavia determinato dello spostamento posteriormente di tessuti molli normali, non infiammati [2].
L’indagine di secondo livello per la diagnosi di malattia di Haglund è la risonanza magnetica, che viene utilizzata nei casi equivoci. L’aspetto tipico è rappresentato dall’evidenza di ipertrofia del calcagno nella proiezione bursale ed edema midollare, associato, nello studio in T2, ad aumentata intensità di segnale lungo lo spessore del tendine di Achille con circonferenziale sottile bordo ad alta intensità di segnale, indicativi di tendinite di Achille; piccole calcificazioni distrofiche nell’inserzione distale del tendine di Achille; raccolte fluide nelle borse retrocalcaneale e retro-Achillea (ipointense in T1 e iperintense in T2), indicative di borsite. [9]
Trattamento
Il trattamento in acuto prevede l’applicazione del protocollo R.I.C.E.: “rest” (riposo); “ice” con applicazione di impacchi di ghiacchio per 20–30 min ogni ora per le 4 ore successive all’esarcebazione acuta; “compression”, con pressione dell’impacco di ghiaccio sulla parte infiammata e fasciatura negli intervalli tra un impacco e l’altro per una durata complessiva di almeno le 24-48 ore successive all’evento, ed “elevation”.
Tuttavia bisogna evitare l’immobilizzazione prolungata: ad essa deve seguire un’integrazione graduale di attività a carico ridotto coadiuvato da terapia fisica.
Ovviamente questi pazienti hanno spesso dolore al tallone durante il carico a causa della compressione della borsa retrocalcaneare e il conflitto che si determina tra le fibre anteriori del tendine e la prominenza dorsale. La modifica delle calzature utilizzate con sollevamento graduato della scarpa o il sollevamento del tallone, tramite l’utilizzo di talloniere morbide, possono alleviare la pressione sull’inserzione e l’impigement sulle fibre tendinee, inducendo la flessione plantare del piede, favorendo la guarigione del tendine.
L’utilizzo di plantari è utile a correggere i difetti di impronta plantare e di distribuzione dei carichi facilitanti la patologia. [10] Farmaci anti-infiammatori e fisioterapia possono essere utilizzati per gestire il dolore e alleviare la tensione nel tendine di Achille. [3].
Per quel che concerne la terapia fisica gli esercizi eccentrici, revisionati rimuovendo quelli effettuati in flessione dorsale del piede, hanno dimostrato un’efficacia del 67%. Gli esercizi di stretching del tendine d’Achille, molto più utilizzati, hanno dimostrato un’efficacia fino all’88% [10].
Esiste una crescente evidenza sull’utilizzo delle onde d’urto. Non esistono protocolli univoci, i livelli di intensità, frequenza di sedute variano in relazione alla tipologia di apparecchio utilizzato. La più diffusa è la terapia a bassa energia (<0,2 mJ/mm2) su più sessioni con un numero di impulsi fino a 2.000; altri protocolli utilizzano alte energie con numero di impulsi da 3.000 a 4.000.
L’efficacia varia in letteratura dal 70 all’88% a tre mesi dalla fine della terapia. [10]
L’approccio conservativo a maggiore impatto sulla sintomatologia è certamente quello infiltrativo, che consiste nell’iniezione intrabursale della regione retrocalcaneare di una miscela di 0,5 ml di lidocaina pura all’1% e 0,5 ml di corticosteroide a lunga durata d’azione Essa deve essere effettuata, per mano medica e sotto guida ecografica, con il paziente in posizione prona con il piede posizionato in massima dorsiflessione. L’utilizzo della guida ecografica è fondamentale al fine di raggiungere lo spazio della borsa retrocalcaneare, evitando il tendine d’Achille.
L’effetto ha inizio dopo 24–48 ore dall’infiltrazione, periodo in cui può verificarsi un’esarcebazione dello stesso, con una durata variabile del sollievo dal dolore da settimane a mesi [8].
La complicanza qui frequente è determinata dalla rottura del tendine d’Achille, direttamente correlata alla necrosi del collagene che si verifica nei primi 14 giorni dopo l’infiltrazione, correlata alle riduzione da parte dei glucocorticoidi della sintesi di proteine, collagene e proteoglicani. Il ripristino della funzione, entro quattordici giorni, è dovuto alla formazione di un materiale acellulare, amorfo, precursore del collagene. Andrebbero quindi evitati: esercizi di vigorosa attività muscolare nei primi 14 giorni e infiltrazioni ripetute. [11]
Negli ultimi anni l’infiltrazione intratendinea di PRP o aspirato midollare concentrato, costituito da 3 ml di concentrato piastrinico ricco di fattori di crescita e 1 ml di un concentrato dei fattori della coagulazione, inizia ad essere utilizzata per favorire la rigenerazione del tendine. Al momento non vi sono molti studi che ne attestino la reale efficacia. Si utilizza principalmente nella tendinopatia Achillea ricalcitrante a terapia. [12]
Il trattamento chirurgico è raccomandato nei pazienti dopo sei o, negli atleti, tre mesi di approccio conservativo senza risoluzione del problema [3]. Esso consiste nel trattamento, open o artroscopico, di asportazione dell’esostosi postero-superiore del calcagno con bursectomia retrocalcaneare. La decompressione sulla borsa retrocalcaneare dopo osteotomia dell’angolo postero-superiore del calcagno rappresenta l’obiettivo dell’intervento.
La tecnica in open prevede l’esecuzione di un’incisione, dopo la somministrazione di anestesia locale, longitudinale posta ad 1 cm lateralmente al tendine di Achille, che si estende da 3-4 cm prossimalmente a 2-3 cm distalmente alla tuberosità superiore del calcagno, ponendo l’articolazione della caviglia in flessione plantare. La borsa retrocalcaneare viene quindi esposta e rimossa, migliorando la visualizzazione della superficie superiore della tuberosità calcaneare, che viene escissa tramite osteotomo. Nel post chirurgico viene applicato un gesso ben imbottito, a gamba corta, senza carico, con la caviglia in circa 20 gradi di flessione plantare, il quale viene rimosso dopo 2 settimane, insieme ai punti di sutura, iniziando la riabilitazione.
Le complicanze chirurgiche riportate sono: avulsione del tendine di Achille, dolore persistente del tallone posteriore, senescenza della ferita, lesioni nervose (nervo sensitivo calcaneale mediale e nervo surale), rigidità della caviglia e neuroma incisionale e pseudoartrosi del calcagno [6]. L’efficacia di tale metodica è riportata in letteratura intorno al 70% [13].
La chirurgia endoscopica ha dimostrato risultati da buoni a eccellenti a breve e medio termine e presenta numerosi vantaggi, tra cui bassa morbilità, eccellente cicatrizzazione delle cicatrici e tempi di recupero brevi rispetto alla tecnica aperta, con ritorno alle normali attività in 8 settimane e recupero del livello atletico in 12 settimane.
Nel post operatorio si consiglia al paziente di sollevare la gamba per 5-7 giorni dopo l’intervento con l’utilizzo di immobilizzazione bendata compressiva e l’applicazione regolare di ghiaccio e farmaci antinfiammatori non steroidei per ridurre gonfiore e infiammazione. Dopo un carico parziale di 10 giorni-2 settimane, si può procedere al pieno carico. Le suture possono essere rimosse durante questa finestra e la fisioterapia può essere iniziata poco dopo 2 settimane. Per i pazienti sottoposti a resezione combinata di Haglund con debridement dell’Achilleo, viene applicata una stecca posteriore per stabilizzare il retropiede ed osservato un divieto di carico per le prime 2 settimane, successivamente si procede ad un aumento graduale dello stesso (del 10% del peso corporeo giornaliero) fino al carico completo intorno alla quarta settimana post-operatoria. [3]
Riferimenti
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