Tendine d’Achille: tutte le patologie e i rimedi

  1. Epidemiologia e fattori di rischio
  2. Manifestazioni cliniche
  3. Diagnosi differenziale
  4. Diagnosi
  5. Trattamento

Il tendine d’Achille, il cui nome deriva dal valoroso guerriero della mitologia greca narrato nell’Iliade ed il cui unico punto vulnerabile era il tallone, è una struttura anatomica nastriforme costituita da fibrille collagene che inserisce i muscoli gastrocnemio e soleo al calcagno. Due borse lo circondano: la borsa calcanare che è superficiale al tendine (sottocutanea) e la borsa retrocalcaneare situata profondamente. Il tendine non è provvisto di una vera guaina sinoviale, ma è rivestito dal paratenon che ha uno spessore variabile.

È deputato alla trasmissione degli impulsi meccanici derivanti dalla contrazione muscolare del polpaccio al segmento scheletrico, realizzando un movimento articolare di fondamentale importanza: la spinta del piede. 

Oltre a questo compito, grazie alla presenza di fibre elastiche, esercita anche una funzione tampone nei confronti della contrazione muscolare volontaria e/o involontaria massimale, frequente nei gesti sportivi.

II tendine d’Achille (o calcaneare) possiede uno scarso apporto ematico in particolare al suo terzo medio distale ed i movimenti a cui è sottoposto, specie nell’atto sportivo della corsa o del salto  (trazione intermittente reiterata con effetto a “corda d’arco”, torsione in esercizi che portano il piede in pronazione), possono causare una netta riduzione dell’afflusso di sangue proprio nel momento di massimo utilizzo funzionale del tendine. L’ischemia che ne consegue danneggia le cellule e quindi la matrice extracellulare di fibrille collagene ed elastina.

Pertanto, un danno al tendine di Achille è in genere causato da errori nell’allenamento, come un brusco aumento dell’attività, un improvviso incremento dell’intensità dell’allenamento, una ripresa dopo un lungo periodo di inattività e la corsa su terreni irregolari o cedevoli. Anche problemi posturali (ad es. pronazione), utilizzo di scarpe scadenti (con uno scarso supporto al retropiede) ed un complesso gastro-soleo poco estensibile possono determinare disfunzioni dell’Achilleo.

Fattori intrinseci dell’atleta quali dismorfismi e/o difetti torsionali od angolari degli arti, dismetrie, squilibri muscolari tra agonisti e antagonisti, associati ad imperfetta coordinazione motoria anche dovuta a stanchezza muscolare, e fattori estrinseci (sovraccarico funzionale, errori di allenamento, clima freddo ed anomale risposte elastiche da parte di attrezzature sportive e calzature) facilitano i fenomeni sopra descritti, e causano a medio-lungo termine sofferenza del tendine achilleo.

Tendinite, tendinopatia, entesopatia, peritendinite, tendinosi sono tra i termini usati per caratterizzare il dolore tendineo acuto o cronico. Il termine comune “tendinite” è fonte di confusione e spesso usato impropriamente perché implica una condizione infiammatoria che microscopicamente non si evidenzia nella patologia cronica da sovraccarico. Più appropriato risulta il termine “tendinopatia” per riferirsi al dolore acuto e cronico associato ad una lesione del tendine di Achille diversa dalla rottura. 

Epidemiologia e fattori di rischio

La tendinopatia achillea affligge prevalentemente gli atleti professionisti e dilettanti e, seppur in minor misura, anche i soggetti con vita sedentaria possono esserne colpiti. 

I dati osservazionali suggeriscono che la probabilità che un atleta incorra in una patologia a carico del tendine calcaneare è del 24%; nel 18% dei casi questo si verifica entro il quarantacinquesimo anno di vita. Tra i corridori, l’incidenza può raggiungere il 40-50%. Nel 10% dei soggetti che subiscono una rottura del tendine preesisteva una condizione tendinosica. 

l rischio di sviluppare una tendinopatia del tendine d’Achille è multifattoriale ed è probabilmente correlato ad un’interazione di fattori intrinseci ed estrinseci che comportano un sovraccarico del tendine la cui risposta dell’individuo è influenzata dalle condizioni di salute, farmaci e fattori genetici.

L’età, il sesso maschile e l’obesità rappresentano fattori di rischio. L’incidenza massima si osserva tra i 30 ed i 40 anni e la frequenza è cinque volte maggiore negli uomini rispetto alle donne. 

La terapia antibiotica con assunzione di fluorochinolonici è associata alla tendinopatia di Achille o alla rottura del tendine. Uno studio ha infatti riscontrato l’insorgenza di dolore entro entro un mese dall’inizio del trattamento farmacologico che generalmente si risolve entro due mesi dall’interruzione della stessa terapia. Tuttavia, nel 26% dei casi il dolore persiste a lungo termine ed il rischio che si verifichi la rottura del tendine di Achille tra i pazienti che per la prima volta assumono fluorochinoloni è triplicato durante i primi 90 di terapia. L’uso concomitante di glucocorticoidi sistemici aumenta ulteriormente il rischio di insorgenza di sintomatologia algica a carico dell’Achilleo.

Si osserva una correlazione tra tendinopatia achillea e patologie reumatiche come psoriasi e spondilite anchilosante; in queste malattie sistemiche, il dolore al tallone risulta talvolta la prima presentazione clinica.

Manifestazioni cliniche

Dal punto di vista clinico il sintomo comune è il dolore locale ad insorgenza acuta o progressiva esacerbato prevalentemente dai movimenti, correlato alla presenza di edema peritendineo e, nei casi cronici, alla modificazione delle caratteristiche fisiche del tendine (dimensioni, forma, consistenza). I pazienti con tendinopatia Achillea lamentano tipicamente dolore (generalmente descritto come sensazione di “bruciore”) o rigidità circa 2- 6 cm sopra il calcagno che si allevia con il riposo e peggiora con il movimento (spesso insorge già con la semplice deambulazione) impedendo pertanto l’attività sportiva.

Il dolore è preceduto da un eccessivo stress meccanico che avvia cambiamenti patologici che includono la proliferazione del tenocita con ispessimento del tendine, neoangiogenesi, assottigliamento e disorganizzazione delle fibre collagene, aumento della matrice extracellulare, deposizione di grasso, sovrapproduzione di acido nitrico con conseguente apoptosi tissutale. Questi cambiamenti comportano un’alterazione delle capacità meccaniche del tendine. L’infiammazione e la degenerazione di solito non si escludono a vicenda, ma possono coesistere. L’estensione e/o la severità del processo patogenetico non sono direttamente correlate alla gravità della presentazione clinica.

Occorre distinguere nell’ambito delle patologie del tendine d’Achille le peritendiniti acute e croniche, le tendinosi e la tendinopatia inserzionale.

Nella peritendinite acuta  si osserva il coinvolgimento del paratenon, la guaina che consente al tendine di muoversi liberamente rispetto ai tessuti circostanti. II dolore è acuto ed urente, insorge con le prime attività della mattina e può essere accompagnato dal riscontro di crepitio locale (per deposizione di fibrina), di edema ed ipertermia locale. La terapia deve essere tempestiva ed efficace così da evitare possibili cronicizzazioni del processo infiammatorio che esiterebbero in una peritendinite cronica con caratteristiche stenosanti e che comportano l’atrofia e l’ipostenia del polpaccio e la nodosità del tendine. La peritendinite può accompagnarsi a degenerazione progressiva del tendine stesso (peritendinite con tendinosi), che può peraltro insorgere autonomamente senza sintomatologia acuta pregressa: tendinosi pura. 

Quest’ultima, è caratterizzata da una degenerazione intratendinea o mucoide del tendine d’Achille conseguente ad una necrosi centrale del tessuto. II tendine appare degenerato ed alterato nelle sue caratteristiche istologiche ed ultrastrutturali sia focalmente che estesamente. Clinicamente il profilo tendineo appare chiaramente modificato ed irregolare ma caratteristicamente la sintomatologia dolorosa è modesta presentando periodicamente delle fasi di acuzie a fasi di risoluzione più o meno rapida. La tendinosi è spesso asintomatica e rimane subclinica fino a quando non si presenta come una rottura, può essere presente una massa palpabile non dolente o un nodulo di 2-6 cm prossimalmente all’inserzione del tendine che può progredire in un ispessimento graduale dell’intero tendine.

La tendinopatia inserzionale dell’achilleo assume caratteristiche particolari sia per la presenza della fibrocartilagine della zona di transizione inserzionale (quindi con fenomeni degenerativi e proliferativi osteocartilaginei), sia per la presenza della borsa retroachillea con fenomeni di natura infiammatoria. Si caratterizza dal punto di vista clinico per dolore da moderato a intenso a livello dell’area giunzionale interessata e tumefazione della stessa. L’impotenza funzionale è variabile ma in genere invalidante, e si può arrivare a quadri di vera e propria rottura traumatica dell’entesi.

Diagnosi differenziale

Oltre alla tendinopatia Achillea, il dolore localizzato tra il tallone ed il complesso muscolare gastrocnemio-soleo può essere causato da altre condizioni tra cui ricordiamo il trauma distorsivo della caviglia, la malattia di Sever e la borsite calcaneare. In quest’ultima condizione clinica il paziente lamenta dolore quando uno stimolo meccanico (es. il dorso di una scarpa) sfrega sul punto di inserzione del tendine d’Achille. Si verifica più frequentemente in età avanzata o negli sportivi che indossano calzature con dorso duro (calcetto). La borsite si risolve generalmente applicando misure di base: uso di talloniere, imbottiture posteriori, calzature morbide, riposo funzionale, ghiaccio e farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS).

Anche la malattia di Sever (o apofisi calcaneare) rientra in diagnosi differenziale con la tendinopatia achillea. Si tratta di una una lesione da overuse dei giovani atleti di età compresa tra gli 8 e i 15 anni che si verifica in corrispondenza del nucleo di accrescimento dell’apofisi calcaneare e che determina l’insorgenza di dolore (nel 60% dei casi bilaterale) che regredisce a riposo ed aumenta con l’attività. 

Altre condizioni morbose che devono essere considerate nei pazienti che presentano dolore della caviglia posteriormente sono: rottura o lacerazione parziale del tendine d’Achille, impingement posteriore della caviglia, deformità di Haglund (pump bump), esostosi calcaneare, fratture da stress del calcagno, fascite plantare (dolore alla faccia inferiore del tallone).

Diagnosi

La diagnosi è prevalentemente clinica. L’esame del tendine di Achille è solitamente semplice perché facilmente identificabile e palpabile. I pazienti devono essere esaminati distesi, proni e con i piedi fuori dal lettino. Si valuta il termotatto, il profilo e la consistenza del tendine; si ricercano sensibilità dolorosa (tipicamente localizzata a circa 2 – 6 cm prossimalmente dall’inserzione del tendine), tumefazioni, discontinuità e sensazioni di crepitio ai movimenti. Il tendine deve essere palpato sia in posizione neutra che durante il movimento di flesso-estensione del piede. Occorre palpare le borse ed afferrare il tendine di Achille con le dita spostandolo lateralmente  (da un lato all’altro); in caso di borsite la palpazione del solo tendine non dovrebbe evocare dolore.

Risulta utile esaminare le calzature del paziente, cercando segni di eccessiva usura, e valutare l’andatura o il passo del paziente alla ricerca di anomalie o asimmetrie.

Prove speciali

  • Test di Thompson fornisce un mezzo preciso per valutare l’integrità anatomo-funzionale del tendine d’Achille. L’assenza di flessione plantare del piede alla compressione del polpaccio indica la lacerazione tendinea;
  • Segno dell’arco doloroso consente di distinguere le tendinosi (positività del segno) dalle paratendiniti (negatività del segno); nelle tensinosi la porzione ispessita del tendine e il punto di dolorabilità si muovono con la flessione plantare e dorsale attiva della caviglia in contrasto con la paratendinite in cui l’area di dolorabilità rimane nello stesso punto.

L’ecografia e la risonanza magnetica possono essere utili nella valutazione di diagnosi differenziali e nell’identificazione di patologie coesistenti, come rotture parziali, borsiti, peritendiniti e coinvolgimento plantare tramite il riscontro di segni che includono l’aumento dello spessore del tendine, la neovascolarizzazione (visibile all’ecografia Doppler) e l’alterazione del segnale e dunque della composizione del tendine.

Le radiografie standard non sono utili nella valutazione della patologia del tendine di Achille, ma possono fornire dati utili nel caso in cui sia presente uno sperone calcaneare o una protuberanza ossea (morbo di Haglund).

Trattamento 

Il trattamento della tendinopatia acuta calcaneare prevede il riposo, la crioterapia (ghiaccio), il ricorso a FANS per breve periodo, l’utilizzo di talloniere, di bendaggi elastici e taping. L’allinea- mento gamba-piede deve essere valutato attentamente, se necessario, anche con l’uso di ortesi di correzione. 

Una volta ottenuto un miglioramento della sintomatologia della fase acuta la maggior parte dei pazienti inizia una fase riabilitativa con l’obiettivo di ritornare a svolgere le attività quotidiane e sportive. Si consigliano esercizi di stretching cauto del polpaccio, del tendine di Achille e degli ischiocrurali da praticare 3-4 volte al giorno. Le calzature vanno cambiate o modificate se vi è iperpronazione o se il sostegno al retropiede è scarso. 

Il ritorno all’attività sportiva deve essere graduale, occorre pertanto ridurre la durata e l’intensità delle sedute di allenamento che devono essere precedute da un’adeguata fase di riscaldamento e defaticamento. Giova evitare l’allenamento in collina, su piani inclinati e su superfici dure. Dopo 6-12 settimane di trattamento possono essere utili bagni di contrasto ed ultrasuoni, corsa in acqua, nuoto e cyclette.

I medici possono utilizzare metodiche quali dry needling per ridurre il dolore negli individui con sintomatologia che perdura da più di 3 mesi ed in cui si osserva un aumento dello spessore del tendine. Studi randomizzati e controllati dimostrano che la terapia infiltrativa a base di corticosteroidi ha un iniziale beneficio a breve termine che non viene mantenuto al follow-up intermedio e a lungo termine e, sebbene il rischio di rottura di un tendine sia basso, altre complicanze minori sono più comuni tra cui il dolore postiniettivo, l’atrofia sottocutanea e la depigmentazione cutanea.

Metodiche interventistiche quali proloterapia, elettrolisi percutanea ed onde d’urto, soprattutto se associate ad esercizi eccentrici, migliorano la sintomatologia algica e consentono il recupero funzionale. Generalmente, il trattamento chirurgico è indicato se dopo 6 mesi di trattamento conservativo non si osserva un miglioramento del quadro clinico.


Riferimenti

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  • S. Brent Brotzman, Robert C. Manske- La riabilitazione in ortopedia 3^ edizione
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