Tendinopatia calcifica di spalla: cause poco chiare
- Definizione
- Epidemiologia
- Eziopatogenesi
- Manifestazioni cliniche e Diagnosi differenziali
- Diagnosi
- Trattamento
- Considerazioni del medico
Definizione
Il termine calcificazione è improprio poiché per calcificazione si intende un deposito amorfo di cristalli di calcio su tessuto necrotico. Le calcificazioni della spalla sono, invece, una metaplasia condrocitica dei fibroblasti totipotenti ad evoluzione calcifica. Le sedi preferenziali di localizzazione delle calcificazioni sono rappresentate dalle zone prossime alle inserzioni tendinee: adiacente alla faccia superiore dell’apice trochitico nel caso del sovraspinato, nella sua cosiddetta “zona critica”, adiacente alla faccia inferiore dell’apice trochitico nel caso del sottospinato e in prossimità della faccia anteriore del trochite quando coinvolgono il sottoscapolare.
Epidemiologia
La frequenza della tendinopatia calcifica varia, sulla base degli studi presenti sinora in letteratura, tra il 7,5 e il 22% di tutti I casi di tendinopatia. La malattia calcifica, in soggetti caucasici, ha una incidenza compresa tra il 2,7% e 7,5%. Il rilievo di calcificazioni in spalle asintomatiche è del 2,5–7,5 %, e solo il 40% delle calcificazioni tendinee diventa sintomatico, mentre il 20% di pazienti con “spalla dolorosa” è portatore di calcificazioni intratendinee. Viene maggiormente colpito il sesso femminile con un’età media tra 40 e 50 anni; nel 20% dei casi si assiste ad un interessamento di entrambe le spalle.
Eziopatogenesi
L’eziopatognesi della tendinopatia calcifica di spalla è tutt’ora non chiara. Si stima che alla base della patologia vi sia una combinazione di fattori estrinseci (anatomici o biomeccanici) e intrinseci (variazioni della struttura tendinea legate a età, vascolarizzazione, sovraccarico o fattori genetici, ormonali, etc). Ci sono varie ipotesi che spiegano la tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori, ma nessuna ha un sostegno scientifico inequivocabile e la causa vera è sconosciuta. Uhthoff ha sviluppato un’ipotesi patogenetica la cui attendibilità è comprovata da approfonditi studi istopatologici ed immunoistochimici approntati su materiale bioptico ed autoptico ed effettuati in un numero significativo di casi. Da tali analisi è risultato che nelle sedi tissutali di depositi calcifici non sono documentabili segni di lesioni, che siano esse recenti o pregresse; inoltre nelle valutazioni in vivo, il riassorbimento o la rimozione delle calcificazioni comporta una restituzione di integrità delle fibre tendinee. Pertanto, in ragione di quanto osservato, Uhthoff avanza l’ipotesi che la patogenesi della malattia da depositi di calcio nelle strutture tendinee sia da riferire a fenomeni di metaplasia fibrocartilaginea cellulo-mediata, ad evoluzione calcifica.
Un’ipotesi della tendinopatia calcifica di spalla pare dipendere dall’assetto ormonale, e questo spiegherebbe perché le donne sono più frequentemente interessate rispetto agli uomini. Secondo un’altra ipotesi lo sviluppo di questa patologia sembra essere attribuito ad un focale aumento di pressione all’interno del tendine, unito ad una diminuzione della tensione parziale di ossigeno. In tali condizioni si determina una metaplasia cartilaginea ed osteoblastica dei fibroblasti tendinei che iniziano a produrre matrice cartilaginea ed ossea all’interno del tendine stesso. Poiché la metaplasia si verifica dove il tessuto fibroblastico conserva le sue caratteristiche di vitalità, viene così a spiegarsi la bassissima incidenza di associazione con rottura tendinea.
Nelle calcificazioni della spalla spesso non si riscontra alcuna correlazione con l’impingement sub-acromiale. È stato ipotizzato che la calcificazione sia una possibile conseguenza di aggressione virale o modificazione del pH intratendineo. È stata avanzata una nuova ipotesi che fa riferimento alle “vescicole della matrice”. Fanno parte della famiglia delle vescicole sinaptiche, dei lisosomi. Sono il sistema di trasporto intra ed extracellulare. In particolare, le vescicole della matrice sono state scoperte da Anderson e Bonucci nel 1967 e sono specializzate nell’iniziare la fisiologica mineralizzazione della matrice extracellulare in diversi tessuti come dentina, osso etc.
Durante la apoptosi cellulare si rendono disponibili una maggiore quantità di ioni fosfato e ioni calcio a livello della membrana plasmatica che vengono trasportati dalle vescicole assieme a una proteina, annexina, nella matrice extracellulare attivandone la mineralizzazione. Il meccanismo della deposizione di sali di calcio viene influenzato da vari fattori fra cui si evidenziano il livello di apoptosi cellulare e la trasformazione metaplastica in cellule geneticamente orientate alla mineralizzazione. Vi è un ciclo naturale dove il tendine ha la capacità di ripararsi. Nelle tendinopatie croniche calcifiche, invece, questo ciclo può essere bloccato in ogni suo passaggio.
Manifestazioni cliniche e Diagnosi differenziali
Riprendendo la descrizione di Uthoff, la tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori può essere suddivisa in 4 stadi evolutivi:
Fase precalcifica: in cui riscontriamo una metaplasia cartilaginea intratendinea. Clinicamente silente.
La fase calcifica è a sua volta distinta in:
Fase di formazione in cui vi è il deposito di cristalli d’idrossiapatite con vascolarizzazione assente. Clinicamente in una fase iniziale può essere presente una scarsa ed episodica dolorabilità della spalla che insorge generalmente dopo uno sforzo dell’articolazione e che scompare con il riposo e con i FANS; in fase avanzata la formazione calcifica occupando spazio all’interno del tendine provoca la comparsa di dolore ad intensità medio-alta, esacerbato da alcune posizioni del braccio.
Fase di riassorbimento in cui vi è la proliferazione dei vasi e macrofagi, edema pericalcifico, aumento della pressione locale e riassorbimento dei depositi di calcio. Clinicamente è caratterizzata da un dolore acuto e penetrante che limita il movimento articolare. A causa dalla rottura della calcificazione con conseguente travaso dei depositi nella borsa subacromiale si verifica un’intensa reazione infiammatoria con conseguente borsite reattiva da microcristalli.
Fase ricostitutiva: con deposito di collagene e completa restitutio ad integrum
Diagnosi
Nella diagnosi tendinopatia calcifica di spalla risultano fondamentali le tecniche di imaging in quanto la presentazione clinica è spesso aspecifica. Clinicamente non si distinguono sintomi specifici e la localizzazione del dolore può variare a seconda della posizione della calcificazione: per le calcificazioni del tendine sovraspinato il dolore è esacerbato dall’abduzione, mentre quando vi è un coinvolgimento del sottoscapolare può clinicamente imitare la patologia del tendine del bicipite.
La principale tecnica diagnostica è sicuramente l’ecografia che possiede un’elevata sensibilità e permette la localizzazione dei depositi di calcio e la valutazione dell’integrità della cuffia dei rotatori e della borsa sottoacromiale. È una metodica non invasiva e operatore dipendente. Sono incalcolabili i contributi scientifici che sottolineano come l’indagine ecografica consente costantemente l’identificazione dei foci calcifici, la valutazione della loro grandezza, sede, numero, ma soprattutto la valutazione del loro stato di maturazione, cosa estremamente importante e difficilmente ottenibile con altre metodiche. Rispetto alla radiografia, l’esame ecografico consente sia l’accurata localizzazione della calcificazione e ne orienta, in base alle sue caratteristiche la scelta terapeutica.
In ausilio all’ecografia viene spesso utilizzata anche la radiografia. Spesso queste due modalità di imaging sono complementari, specialmente quando si tratta di pianificare potenziali terapie percutanee imaging-guidate. L’uso dell’RM non è tanto utile nella valutazione della tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori, ma viene utilizzata per la valutazione dell’integrità della cuffia dei rotatori e la diagnosi di patologie coesistenti. I depositi calcifici all’RM si presentano con un segnale a bassa intensità nelle immagini pesate in T1. Nelle immagini pesate in T2 può evidenziarsi un segnale perifocale a bassa intensità che indica l’edema circostante. La TC permetterebbe una migliore visualizzazione della localizzazione dei depositi di calcio, tuttavia non è preferibile all’Rx per una maggiore esposizione alle radiazioni.
Trattamento
In letteratura sono riportati diverse opzioni terapeutiche per la tendinopatia calcifica di spalla: dai trattamenti più conservativi (ionoforesi, fisioterapia, onde d’urto) ai trattamenti chirurgici (artroscopia). Nel corso degli ultimi venti anni hanno acquisito sempre maggiore evidenza i trattamenti percutanei (litoclasia, needling o barbotage). Dai primi trattamenti eseguiti sotto guida fluoroscopica, si è passati successivamente alla guida ecografica. Anche la tecnica di needling ha subito negli anni delle sostanziali modifiche. All’inizio il trattamento si basava sull’utilizzo di un ago che, introdotto all’interno della calcificazione, ne determinava la sua frammentazione. Successivamente, con l’avvento dell’ecografia, metodica priva di controindicazioni sia per l’operatore sia per il paziente, si è modificato l’approccio terapeutico introducendo il concetto di “lavaggio” della calcificazione con soluzione fisiologica.
Considerazioni del medico
La tendinopatia calcifica di spalla rappresenta un frequente motivo di consultazione dell’ambulatorio fisiatrico. Sapere effettuare una buona raccolta anamnestica, effettuare un semplice esame clinico (nelle fasi iperalgiche il paziente spesso è in grado di compiere solo minimi movimenti) ed avere la capacità di effettuare una valutazione ecografica della spalla sono, a mio avviso, requisiti indispensabili per potere effettuare una corretta diagnosi da cui derivi un corretto trattamento. Essendo diverse le procedure terapeutiche e non essendo spesso esse tra di loro intercambiabili (occorre scegliere la giusta procedura per la giusta calcificazione!) è fondamentale eseguire un’attenta valutazione prima dia indicare il trattamento. Occorre ancora toppo spesso che giungano all’attenzione del medico in grado di eseguire il needling calcificazioni già trattate con altre metodiche (onde d’urto, spesso). I “tentativi” terapeutici pregiudicano, spesso, la possibilità di ricorrere al TPE (ad esempio per una calcificazione che è stata “frammentata” con le onde d’urto, responsabile di persistente sintomatologia dolorosa e non più trattabile con TPE).
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